Capita spesso che una foto, un luogo o una persona riesca a portarci indietro nel tempo e a farci tornare in mente ricordi, episodi del nostro passato a cui non pensavamo da un po’ ma che sono sempre e comunque stati lì da qualche parte, in attesa di riemergere dalle nebbie del tempo e gridare “Pensavi che me ne fossi andato per sempre, eh? SORPRESA!”. Il motivo per cui adesso sono seduta alla scrivania a buttare giù questo articolo lo devo a un video su YouTube.
L’altro ieri mi trovavo sul bus delle 21.05 per Helsinki (puntualmente arrivato alle 21.12) e davanti a me avevo una lunga ora da riempire prima di entrare finalmente a casa e lasciarmi alle spalle il vento, la neve e i -7 gradi percepiti però come -10. Solitamente ascolto musica ogni volta che ne ho l’occasione, ma stavolta mi sono prima messa a vagare un po’ su Facebook. Ho letto, da qualche parte sulla mia home, le parole “The Clash Of The…” e non ricordo più cosa, e da lì mi è partito un flusso di coscienza che è terminato con l’accensione di una metaforica lampadina: sono andata su YouTube e ho cercato “Clash Of The Booze Brothers”, praticamente un botta e risposta musicale sotto forma di assolo tra Alexi Laiho e Janne Wirman, chitarrista e tastierista dei Children Of Bodom, filmato durante un concerto a Stoccolma che poi sarebbe diventato un DVD: “Chaos Ridden Years – Stockholm Knockout Live”. Erano secoli che non lo guardavo.
Questo DVD è uscito nel 2006: avevo circa 17 anni, conoscevo la band ancora abbastanza poco o nulla (a mia discolpa, il pc che avevo all’epoca mi permetteva di esplorare praticamente per niente, visto che per caricare l’anteprima di un video ci volevano VENTI MINUTI) e un bel giorno, ma di sera, un mio amico si presenta a casa mia e mi dice “Guardiamocelo”. Beh, perché no, era in fin dei conti un buon modo per acculturarmi.
Quella sera ho scoperto che i CoB mi piacevano tantissimo. Mi sono procurata una copia del DVD tutta per me e l’ho guardata e riguardata, contenuti speciali compresi. Proprio esplorando questi ultimi ho, inconsapevolmente, ascoltato la lingua finlandese per la prima volta: ovviamente incomprensibile, affascinante, “Cavolo, voglio impararla”. Era il periodo in cui molti gruppi finlandesi avevano iniziato a farsi strada tra i miei ascolti, della Finlandia non sapevo molto ma sapevo che avrei voluto visitarla, osservarne la natura, i laghi, magari l’aurora boreale. Poco meno di due anni dopo ho scoperto di poterla effettivamente studiare come materia universitaria (ne ho parlato nel mio primissimo post di questo blog), e adesso eccomi qua.
Mentre ascoltavo e guardavo “Clash Of The Booze Brothers” mi sono tornate in mente tutte queste cose che vi ho appena raccontato: mi sono ricordata l’emozione della scoperta dello studio del finlandese, le ore passate ad ascoltare musica (non che ora sia cambiato molto, ma comunque), l’eccitazione provata ogni volta che realizzavo che quel “nuovo” gruppo in cui mi ero imbattuta fosse proprio finlandese, il crescente desiderio di visitare questa terra, la concretizzazione di questo sogno mediante il mio percorso universitario. Ho guardato fuori dal finestrino del bus e ho realizzato che la 17enne che sognava un viaggio in Finlandia, la 19enne che si è messa a studiare finlandese e la 21enne che aveva deciso che in un modo o nell’altro si sarebbe trasferita nel paese dei suoi sogni erano ancora tutte qua, insieme a me, a osservare Helsinki coperta di neve.
Mi sono resa conto di aver dato molte cose per scontate, per vari motivi. Sì, la Finlandia non è esattamente il paradiso di perfezione che immaginavo che fosse prima di venirci a vivere, ha i suoi difetti, i suoi problemi e tante cose che mi fanno imprecare pesantemente, ma è comunque lo stesso posto che la me 17enne voleva venire a visitare di persona. E maledizione, adesso sono qui, sono proprio qui, ho realizzato quel sogno, ci sono riuscita. Presa come sono dal mio quotidiano, ho lasciato che tutti questi feels del passato finissero nascosti da una coltre di realismo, ma loro due giorni fa sono tornati per prendermi a schiaffi prepotentemente e dirmi “Ma non ti rendi conto di dove sei? Non ricordi cosa desideravi?”.
D’un tratto mi sono messa nei panni di Elisa a 17 anni, ho provato a sentire ciò che sentiva lei, ho provato a guardare Helsinki dal suo punto di vista: ci è voluto solo un istante, e in quell’istante mi sono sentita felice, emozionata e quasi commossa al pensiero di dove mi trovavo in quel preciso momento, di dove mi trovo anche ora. A volte i motivi che mi hanno spinto a trasferirmi qui si affievoliscono, perdono d’intensità, quasi soccombono al non sempre facile realismo della vita quotidiana, ma non se ne sono mai andati: sono ancora dentro di me, da qualche parte, a ricordarmi che la vita che sto vivendo adesso somiglia molto a quella che aspiravo ad avere (magari cambierei qualcosa, ecco, ma ci stiamo lavorando), che non tutti riescono a sentirsi così, che dovrei essere grata di ciò che ho.
Ho ricordato tutte queste cose e, dopo molti mesi, mi sono sentita grata per davvero.
P.S.: I CoB, ahimé, hanno cominciato a sfornare dischi di livello nettamente inferiore a quelli del passato più o meno a partire dal 2008, ma nulla ci impedisce di ascoltare i lavori più vecchi, il che è esattamente quello che sto facendo io da un paio di giorni. Vi lascio con “Downfall“.