Oi Mamma, Suomi!

Interviste possibili pt. 2: Elisa

Come ogni amicizia che si rispetti, i disagi si vivono in maniera reciproca, ed ecco perché sono qui oggi a fare un’intervista ad Elisa, così come lei ha avuto il coraggio di farla a me.

Guardando anche l’articolo che ha scritto poco fa sul suo ritorno lì dove tutto è iniziato mi vengono i mente tante domande, tipo “ma come ti è venuto sin dal principio?”

Scherzi a parte, se non avete letto l’articolo potete farlo qui, con un pochino di feels annessi. Questo, come tanti, è stato un capitolo importante della vita di Elisa che l’ha portata dov’è ora per cui vale la pena davvero darci un’occhiata.

Ma andiamo avanti con la nostra intervista!

Premetto che il lavoro di Elisa è totalmente differente dal mio per cui (Capitan Ovvio) le domande non saranno le stesse fatte a me in versione speculare, ma, seguendo lo stesso principio, saranno dettate dalla curiosità su un lavoro di cui conosco molto poco.

Senza ulteriori indugi, procediamo a torchiare la ragazza e ad estorcerle informazioni preziose MUAHAHAHA.

Innanzitutto CIAO ELISA DA QUANTO TEMPO! Come ti va la vita in questo momento? C’è caldo? Freddo? Tiepido?

Ciao An(s)ia! In questo momento il mio appartamento è ancora un po’ nel caos, io e Tuomas abbiamo recentemente cambiato casa e ci sono ancora tende da attaccare, lampadari da fissare e lampadine da sostituire, però quello che fino a qualche giorno fa sembrava un deposito di scatole di banane finalmente inizia ad avere un aspetto più che accettabile e quindi bei momenti. Oggi ha fatto caldo, quasi 26 gradi e un bellissimo sole! Domani però piove, i bei momenti di cui sopra non sono fatti per durare a quanto pare.

Benissimo. Se sei d’accordo io andrei subito al sodo con le domande pratiche: in prima istanza, ci racconti cos’è che fai esattamente? Cioè sappiamo che insegni COSE e sappiamo che sono TANTE COSE ma queste COSE cosa sono esattamente?

DunquO, proprio come hai già detto sono un’insegnante; principalmente insegno italiano in diversi corsi pomeridiani/serali per adulti di vari livelli, dai principianti agli intermedi per finire alla conversazione, questo in un kansalaisopisto , un istituto per adulti in cui si possono studiare le cose più disparate (musica, ceramica, lingue, yoga ecc.). L’istituto in questione non è vicino a dove abito, purtroppo, ma a circa 44 km. In passato sono stata anche supplente in alcuni corsi di finlandese per stranieri, ho avuto studenti privati (italiani) di lingua finlandese e attualmente ho una manciata di studenti finlandesi appassionati di italiano, tutti al livello base tranne uno che invece è piuttosto fluente.

L’insegnante è mai stato nei tuoi pensieri come qualcosa che avresti desiderato diventare da grande? Ora che lo sei come ti ci senti? Ti piacerebbe fare altro nella vita?

Se devo essere sincera no, non ho mai pensato che avrei DAVVERO insegnato a un certo punto nella vita, anche se l’ho sempre considerato un lavoro interessante e che richiedeva una certa dose di responsabilità. Quattro anni fa, mentre ero in erasmus, per ottenere i crediti universitari che mi servivano per il tirocinio sono stata assistente in due corsi di italiano organizzati dal Language Centre dell’università di Helsinki e lì mi sono resa conto che mi piaceva davvero spiegare la grammatica, le strutture, aiutare gli studenti a costruire frasi per conversare. In quel momento ho pensato che in effetti perché no, era senza dubbio una carriera da tenere in considerazione, e oggi eccomi qua. Aiutare qualcuno a muovere i primi passi in una lingua è stupendo, specie se quella lingua è la tua lingua madre, mi fa sentire in qualche modo responsabile della cultura che vado a trasmettere e cerco di farlo meglio che posso (anche sfatando miti e luoghi comuni sugli italiani, perché anche i finlandesi a volte ne hanno svariati). Mi piacerebbe fare la rockstar e riempire gli stadi del globo terracqueo ma qua mi sa che voliamo un po’ troppo alto… no?

Sei un’insegnante severa?

Uhm, non saprei, gli studenti normalmente mi definiscono “esigente ma sempre disponibile a rispiegare quando qualcosa non è chiaro” (cito più o meno testualmente). Diciamo che divento più bacchettona se si tratta di un argomento trattato in passato e che è assolutamente necessario fissare per poter poi andare avanti con il programma, in quel caso consiglio sempre di rileggere individualmente a casa. Sono una persona normalmente molto impaziente, ma in questo contesto cerco di mettere da parte questo mio tratto e una volta capiti i tempi di ogni studente inizio ad adeguarmi.

Ci racconti qualche aneddoto carino di qualche tuo studente finlandese?

Uff, ce ne sono tantissimi tra cui scegliere, AIUTO. Uno che mi viene in mente al volo è abbastanza recente, studiavamo gli aggettivi con uno dei corsi base e gli studenti avevano un esercizio da fare in gruppo: descrivere alcune persone in base a ciò che vedevano dalle foto sul libro. Uno di loro disse “Secondo me la ragazza è calda”, probabilmente aiutandosi anche con l’inglese hot, inteso come complimento, ma in italiano la prima cosa che pensai e che poi dissi fu “Buon per lei, è ancora viva!”. Un’altra volta dissi a un dei miei studenti privati che gli avrei mandato la fattura via mail, e lui rispose “Fattura? Ma non sei italiana?”.  E vabbè, ok, adesso scusa ma ho il mandolino parcheggiato al sole.

E di qualche tuo studente italiano?

Anni fa ho avuto uno studente che era impazientissimo di imparare il finlandese, che è una cosa bellissima, no? Ecco, il punto è che partivamo da zero, ma proprio zero, dall’alfabeto e la pronuncia, ma lui voleva già sapere come costruire frasi più complesse, del tipo “Di dove sei?” o raccontare cosa avesse fatto il giorno precedente. In finlandese si studiano i casi pazientemente uno alla volta e ancora non eravamo arrivati a quelli necessari per esprimere ciò che voleva esprimere lui (per non parlare dei tempi verbali), era divertente e soddisfacente vederlo così entusiasta ma allo stesso tempo dovevo ogni volta ripetere “Questo argomento arriverà nei prossimi mesi”. Poverino, mi sembrava di essere la stronzona di turno che stava lì a buttargli il gelato per terra o a bucargli i palloncini…

Qui ti ripropongo le due domande che hai fatto anche a me: una cosa che ti piace del tuo lavoro?

In questo momento ho solo studenti finlandesi, sia nei corsi che in privato, e mi piace moltissimo perché anche io imparo tante cose da loro, che siano modi di dire affini o espressioni che non conoscevo. Lavorare col finlandese è un esercizio enorme per me e sono grata di avere questa possibilità. E poi non c’è cosa più bella di vedere qualcuno che fino a pochi mesi fa sapeva a malapena presentarsi fare un esercizio scritto in cui racconta la sua giornata, la sua famiglia, le sue abitudini e cose buie varie: vedere e toccare con mano i progressi che fanno è una soddisfazione enorme, così come vederli felici di aver capito un argomento non troppo semplice (ah, queste preposizioni articolate) e soprattutto salutarsi in italiano appena entrano in classe (prima o poi introdurrò anche “Bella!” e “Daje!”). Adoro insegnare agli adulti perché sono persone che scelgono di loro spontanea volontà di imparare una lingua nuova, per questo sono quasi sempre super motivati e si impegnano tantissimo perché è un loro obiettivo personale, che nessuno li ha costretti a perseguire. Insegnare in generale ha anche cambiato il mio modo di essere studentessa: ero autocritica a livelli maniacali (lo sono ancora ma in modo più morbido), mi sentivo stupida e in colpa quando facevo un errore che “non avrei dovuto fare” (“Studio da tanti anni, ancora dico ‘ste scemenze?”), arrivavo a non parlare per paura di fare errori. Ora sono dall’altra parte, dalla parte di chi insegna, e cerco sempre di incoraggiare al massimo gli studenti a parlare, a provare, a sbagliare e a riprovare, perché siamo in classe, stiamo studiando, da nessuno è mai pretesa la perfezione, e anche se sbagliassimo davanti a un madrelingua pazienza, perché sbagliano anche loro e perché quindi non dovremmo farlo noi? Ho capito piano piano che questo modo di pensare dovevo applicarlo però anche a me stessa, non potevo predicare bene e razzolare male, sarebbe stato ipocrita. Beh, ha funzionato: ancora faccio i miei errori, naturalmente, ma provo, mi lancio, non mando più il madrelingua in avanscoperta a ordinare qualcosa al posto mio (no, ok, se sono particolarmente stanca o assonnata lo faccio, lo ammetto). E se sbaglio? Pazienza, la prossima volta andrà meglio, e se non dovesse andare meglio la cioccolata will be always there for me.

E una che non ti piace?

Domanda difficile, in realtà non penso che ci sia nulla che non mi piaccia del lavoro di insegnante in sé e per sé… No, niente. Veramente, proprio niente. Si dice spesso che a nessuno piace il proprio lavoro ed è una cosa che personalmente non capisco, perché a me piace tantissimo. Un mio amico, lo stesso a cui dobbiamo il nome di questo blog, dice sempre che puoi essere sicuro di non aver sprecato neanche un giorno della tua vita se durante quel giorno hai imparato o insegnato qualcosa e il mio lavoro mi permette di fare proprio questo.

Ricevi mai complimenti o critiche per il tuo lavoro dai tuoi studenti? Come reagisci a entrambe le cose?

Bella domanda. Partirei col parlare delle critiche: una cosa che occorre menzionare è che i finlandesi, in qualsiasi campo, sono molto affezionati ai feedback, gli piace sia darne che riceverne. Chiaramente si tratta sempre di commenti e giudizi anonimi. Ecco, dopo il mio primissimo giorno di lavoro, due anni, fa ricevetti un feedback negativo: per carità, ero andata lì con le migliori intenzioni ma ero anche sicura che avrei sbagliato qualcosa, quindi avevo fatto presente alla classe che ero molto agitata, che avrei fatto del mio meglio e che essendo la prima volta per me avrei accolto di buon grado qualsiasi commento. Alla fine della lezione nessuno ebbe nessun commento negativo da darmi, però poi mi arrivò questo qui anonimo e ci rimasi malissimo, avrei preferito che le cose che mi venivano contestate mi fossero state dette di persona perché sarei stata in grado di dare delle spiegazioni. Altre volte (e l’ho visto anche nei corsi in cui sono stata studentessa) succede che gli studenti improvvisamente smettano di venire e, sebbene molti lascino i corsi per motivi di lavoro o personali, anche in quel caso mi piacerebbe sapere cosa pensano delle lezioni prima di andare via forever.
Fortunatamente comunque quello è stato, almeno per il momento, l’unico feedback negativo che abbia mai ricevuto, non me ne sono più arrivati altri. Me ne arrivano invece diversi positivi tramite il sito dell’istituto, e ogni volta mi scappa il sorriso e la lacrimuccia; quando invece me li fanno di persona mi sento persa, cambio colore e mi guardo i piedi. Alla fine del corso spesso mi regalano anche cioccolato (tutti sanno che la adoro perché prima o poi il discorso esce fuori, non mi chiedete come) o cartoline, o anche dei pensierini quando si avvicinano il Natale e la pausa invernale, e là veramente mi sciolgo perché non sono assolutamente tenuti a farlo ma lo fanno lo stesso, quindi inizio a pensare che magari qualcosa di buono gliel’ho lasciato davvero (a parte le battute tristi)!

Sappiamo però che non sei tutta casa e cattedra. Cos’altro fai durante le tue giornate? E come impieghi il tempo libero? 

Non faccio un beneamato caz- MA NO, SKERSO. Allora, diciamo che organizzare le lezioni per i corsi prende il suo tempo, se al corso in questione abbiamo abbastanza materiale (libri, file audio eccetera) ci impiego una ventina di minuti appena, se invece devo preparare tutto io (come nel caso dei corsi di conversazione) ci vuole molto di più perché devo anche pensare a un argomento e cercare testi o articoli pertinenti. Quando non sto facendo neanche questo mi piace ascoltare tantissima musica (l’ho già detto da qualche parte, ne sono sicura), scrivo recensioni per le webzine di cui faccio parte, faccio sport, guardo qualche serie (ho finito recentemente Friends, che non avevo mai visto, e seguo The Handmaid’s Tale *piange*) e la domenica normalmente faccio le prove col mio gruppo. Ah, e se mi scappa un’oretta dormo pure. In estate ho più tempo libero perché i corsi del kansalaisopisto durano da settembre a fine aprile, quindi riesco anche a incontrare qualche amico durante la settimana o a prepararmi il pranzo senza dover fare mille corse, il che è bello assai.

E ora la domanda da un milione di dollari: la scuola finlandese. Per te che, anche se non esattamente, ci bazzichi, quanto è vero che è la migliore del mondo, a detta di ormai innumerevoli testate giornalistiche? Ci sono cose che andrebbero migliorate o dei lati oscuri di cui nessuno parla?

Ecco, come hai detto anche tu, ci bazzico sì ma non esattamente perché lavoro per un ente privato e quindi la scuola pubblica la conosco davvero poco. Penso che però il sistema dell’istruzione qui abbia alcune pecche che ho avuto modo di notare man mano in vari contesti. Una che mi viene in mente subito subito e che è applicabile anche fuori dall’ambiente scolastico è  il mantra “non fa niente se non riesci subito, sei ugualmente un individuo col tuo valore e va benissimo lo stesso”. Perché dovrebbe essere una cosa negativa?, dirai tu, e infatti di per sé non lo è: da noi in Italia, al contrario, c’è spesso troppa competizione, troppa ansia, troppa consapevolezza che senza quel voto alla maturità non accederai a quella facoltà e che senza quel voto di laurea potresti non accedere alla magistrale, allo stage, al lavoro dei tuoi sogni; qui sono molto più rilassati, ai colloqui nessuno guarda il voto di laurea (anche perché non è neanche espresso a numeri) e i finlandesi nemmeno lo scrivono sul curriculum, perché non serve e non è di certo quello il fattore su cui vengono giudicati. Non critico tutto questo, ci mancherebbe, la trovo una cosa stimolante e che permette a tutti di non demoralizzarsi e di rimettersi a studiare anche a 50, 60, a volte perfino 80 anni. Però, perché c’è un però, il lato negativo di questo atteggiamento da “va bene lo stesso” è che molti (non tutti, chiaramente) lo prendono non come stimolo ma come scusa per fare il minimo indispensabile e per non impegnarsi neanche la metà di quanto potrebbero, usando come motivazioni la mancanza di tempo o di concentrazione e le tante cose da fare. Ecco, questo è un peccato.
Un’altra cosa che secondo me alla lunga costituisce uno svantaggio è la mancanza di interrogazioni o esami orali (probabilmente c’erano in passato, dice il mio ragazzo), che almeno secondo me sono basilari per imparare ad esprimerti. Ah, voglio sfatare un mito: i bambini e i ragazzi a scuola hanno eccome i compiti a casa, anche se probabilmente molti meno rispetto ai nostri conterranei.

Dove e come ti vedi tra 5 anni?

Onestamente spero non nei pressi del famoso ponte di Kaisaniemi da cui si è buttato il chitarrista dei Finntroll nel 2003, ma questa è la risposta idiota. La risposta seria è che tra 5 anni mi piacerebbe abitare ancora nella casa in cui mi trovo in questo momento e in cui ci siamo trasferiti da neanche due settimane, un po’ perché i traslochi sono stressanti e un po’ perché questo appartamento mi piace davvero tanto; spero che avrò anche un’idea un po’ meno vaga di tante cose di cui non sono sicura adesso, di aver risolto almeno una parte dei miei innumerevoli quesiti e problemi esistenziali, ma soprattutto spero di essere ancora in Finlandia.

Cara Elisa, ti ringrazio moltissimo per aver condiviso con noi questi momenti ansia in cui ci vogliamo farci i fatti tuoi. Però oh, sapevamo che sarebbe successo anche a te prima o poi. Un saluto per la stampa?

Ma quando mai, grazie a te per aver mostrato curiosità e interesse verso i fatti miei! In effetti te ne do atto, queste interviste sono fighe assai.

Vorrei concludere anche io con un pensiero personale e consiglio per la stampa, i nostri fan o quello che è, una cosa su cui come ho detto sto lavorando da un po’ e che spero di interiorizzare completamente e sotto ogni aspetto prima o poi: non abbiate paura di tentare. Sono venuta in Finlandia col desiderio di portare a un livello successivo il mio percorso di studi e tante volte prima di partire sono stata là là per annullare tutto; la sera prima del mio ingresso ufficiale nel mondo delle insegnanti non ho dormito per l’ansia di fare casino, mandare tutto a quel paese e deludere le persone che avevano fatto affidamento su di me; spesso e volentieri ho trovato lavori o attività interessanti ma non ho neanche provato perché “figurati se mi si filano”. Sto capendo col tempo che così mi brucio un sacco di occasioni, che la vera perdita è quando sei così spaventato che nemmeno provi (lo dicono anche in Little Miss Sunshine) e che questo non è il modo giusto di vivere. Tentare non costa nulla, potrebbe andare male ma almeno sapremo di aver dato a noi stessi una possibilità, o potrebbe andare bene e magari ci cambia la vita: insomma, fallimento o successo che sia la vera sfida è buttarsi, perché stare lì nella nostra comfort zone per paura dell’ignoto non è costruttivo per niente. Più facile a dirsi che a farsi, lo so, ma me lo pongo come obiettivo ed è quello che consiglio anche a chi ci legge: provateci, tanto cosa mai potrà succedere?

Ah, e grazie per il tempo che avete dedicato, dedicate o dedicherete alla lettura dei nostri pensieri sparsi, dementi o meno che siano.

Nousen ja paranen.

 

 

 

 

 

 

 

 

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