Oi Mamma, Suomi!

La storia della Finlandia passa anche dal Kalevala

Avete presente quegli argomenti e quei temi che vi fanno drizzare le orecchie ogni volta che ne sentite parlare e che praticamente vi costringono ad infilarvi in un discorso, che fino a poco prima magari stavate solo ascoltando, per dire la vostra? Del tipo che sentite qualcuno dire qualcosa e pensate “No, aspetta, qua devo assolutamente intervenire”? Anni fa, un ragazzo americano che era nella mia classe di svedese disse alla professoressa, finlandese di madrelingua svedese, che era davvero un peccato che il finlandese fosse diventato la prima lingua nazionale in Finlandia e che se lo svedese fosse rimasto l’idioma più parlato qui, come una volta (ebbene sì, ora ci arriviamo), sarebbe stato tutto molto più semplice per tutti gli stranieri che fanno fatica a imparare il finlandese. È indubbiamente vero che molti stranieri si buttano sullo svedese, seconda lingua nazionale ufficiale in Finlandia, perché è una lingua germanica che a livello grammaticale si presenta come più accessibile, specialmente per i madrelingua inglesi o tedeschi (non a caso inglese e tedesco appartengono allo stesso ceppo linguistico dello svedese); è anche vero che ‘sto tizio avrà buttato questa frase così senza pensarci e probabilmente pure per scherzo, ma a me partì comunque l’embolo.

Se si parla di lingua e cultura finlandese vengo triggerata facilmente, come direbbero i giovani d’oggi, e infatti a quel ragazzo risposi che se oggi in Finlandia si parlasse solo ed esclusivamente svedese significherebbe, tristemente, che tutti coloro che parlavano finlandese sono morti da chissà quanto tempo. Che un intero modo di pensare è sparito. Che uno specifico tipo di cultura è sparito dalla faccia della terra. Sarò pure una rompiscatole ma dal punto di vista linguistico e umanistico sarebbe una tragedia, mettiamoci pure l’attaccamento che provo nei confronti del finlandese visto che è una lingua che ho studiato; senza contare che senza la lingua finlandese, di ceppo ugro-finnico e quindi non imparentata con lo svedese, non avremmo avuto il poema epico nazionale Kalevala (con l’accento sulla prima “a”), e senza Kalevala avremmo avuto, tra le altre cose, un “Il Signore degli Anelli” alquanto diverso da quello che conosciamo.

Sì, è proprio così, ma forse conviene andare con ordine. Attenzione, articolo lungo in arrivo.

Innanzitutto, la questione dello svedese in Finlandia. Uno potrebbe pensare che ci siano sempre stati tanti immigrati dalla Svezia che vivono in Finlandia e che quindi lo svedese abbia acquisito lo status di seconda lingua ufficiale quasi per via della vicinanza geografica, ma in realtà le cause vanno ricercate un po’ più indietro nel tempo: la Finlandia fu infatti parte del Regno di Svezia dal 1154 al 1809 ed è esattamente per questo motivo che lo svedese si impose come lingua principale, affiancata dal latino nei documenti ufficiali o nelle funzioni religiose. Molti furono gli svedesi che vennero a vivere in Finlandia nel corso di quei quasi 800 anni.

E il finlandese? Il finlandese lo parlavano le persone semplici a volte sparse in paesini minuscoli, oserei dire i poveracci. Dopo il dominio svedese la Finlandia divenne un granducato indipendente della Russia e l’indipendenza definitiva arrivò soltanto il 6 dicembre 1917 (giusto due anni fa ci sono stati grandi festeggiamenti per il centenario della repubblica di Finlandia). Se ci penso a fondo, l’unica cosa che mi viene da commentare è che è davvero una fortuna che la lingua e la cultura finlandese non si siano estinte del tutto, perché insomma, poteva andare molto peggio. La minoranza linguistica svedese in Finlandia comunque esiste ormai da secoli, è stimato che il 5% dei finlandesi parli svedese come madrelingua (molti conoscono e parlano anche finlandese, altri poco), tra i suomenruotsalaiset più celebri ricordiamo la compianta Tove Jansson, mamma dei Muumit; perfino l’YKI, l’esame di lingua obbligatorio per gli stranieri che vogliano fare domanda per la cittadinanza finlandese, si può sostenere sia in finlandese che in svedese (e per questo molti stranieri si buttano sullo svedese, che trovano più semplice da assimilare).

In ogni caso, nel 1802 la Finlandia diventò un granducato di dominazione russa e giusto pochi anni dopo, nel 1809, iniziò a imporsi la questione legata all’identità nazionale e alla ricerca delle proprie radici: svedesi prima, russi dopo, ma cosa significava davvero essere finlandesi? Per fortuna il substrato culturale e linguistico finlandese non era mai sparito del tutto e, come detto poco sopra, era sopravvissuto nelle zone rurali, quelle del resto più legate alle tradizioni. Si era in pieno Romanticismo e ciò contribuì al fiorire di movimenti cosiddetti fennomani, volti allo studio e alla ricerca del passato nazionale finlandese più autentico, quello ancestrale. La fennomania nient’altro è che l’evoluzione della fennofilia, ovvero quell’interesse nello sviluppo e nell’uso della lingua finlandese che si sviluppò a partire dagli inizi del 1700 e il cui maggior esponente fu Daniel Juslenius. Oggi il termine fennofilia è “leggermente” mutato ed andato a legarsi all’amore per la Finlandia scaturito in particolare dalla natura e dai gruppi metal finlandesi, cosa che non sorprende se pensiamo che la Finlandia è la nazione europea col più alto numero di gruppi metal presenti sul territorio e che molti fan della lingua finlandese vi si avvicinano proprio grazie al metal (anche io e Ania ne sappiamo qualcosa).

Scusate la digressione, parlavamo della fennomania. La maggior parte degli studiosi e degli accademici era di madrelingua svedese, eppure in molti fecero la scelta di adottare e/o studiare il finlandese (un primo passo in avanti verso una lingua finlandese che fosse messa per iscritto lo fece già il padre della lingua finlandese Mikael Agricola nel 1543 con l’ABC-Kiria – in finlandese moderno kirja – , che di fatto è il primo libro stampato scritto interamente in finlandese), o addirittura di cambiare il loro cognome in modo che suonasse più finlandese, magari traducendolo, scrivendolo diversamente o adottandone uno di fantasia: lo scrittore Aleksis Kivi nasce Aleksis Stenvall, mentre Eino Leino si chiamava in realtà Armas Einar Leopold Lönnbohm.

Il Kalevala, poema epico nazionale che è stato fonte di ispirazione per artisti di vario tipo e che ancora oggi popola i testi di molti musicisti (metal e non), va a collocarsi proprio in questo desiderio tutto romantico di esaltare l’identità nazionale andando alla ricerca del passato. L’autore, o meglio, colui che se ne andò in giro per la Finlandia alla ricerca di miti e leggende di un pantheon che poco ha a che fare con Odino e Thor (per i finlandesi c’era Ukko, il dio del fulmine) è Elias Lönnrot, un medico di Sammatti con un’enorme passione per il folklore. Nel 1833 Lönnrot si trasferì nella piccola cittadina di Kajaani, nella quale i suoi impegni di medico erano così pochi che il tempo per dedicarsi al folklore e alla ricerca non mancava mai, e in effetti aveva pubblicato alcune raccolte di poesie e canti popolari finlandesi già negli anni passati, anche se passarono quasi completamente inosservate. A partire dal 1833 il nostro medico-antropologo incontrò diversi laulajat, cantori ai quali i canti e i racconti relativi alla mitologia finlandese erano stati trasmessi oralmente per mezzo di tradizioni secolari, e da lì gli venne l’idea, e non solo a lui a dire la verità, di mettere per iscritto un’opera enorme che, da sola, potesse rappresentare il mitico passato dei Finni.

La prima versione del Kalevala (Vanha Kalevala, “Vecchio Kalevala”) vide la luce nel 1835 e la prefazione al testo reca la data del 28 febbraio: è dal 1920 che il 28 febbraio viene celebrato in Finlandia con le bandiere issate sulle aste in onore del Kalevalan päivä eli suomalaisen kulttuurin päivä, la giornata dedicata al Kalevala e, per estensione, alla cultura finlandese. Era logico che le due cose venissero accostate, no? La seconda versione del Kalevala (Uusi Kalevala, “Nuovo Kalevala”), quella definitiva con più canti sistemati in ordine leggermente diverso, arriverà nel 1849. Lönnrot continuò ad esercitare come medico ed a pubblicare altri saggi e raccolte fino al 1853, anno in cui diventerà professore della nuovissima (1850) cattedra di Lingua e letteratura finlandese dell’università di Helsinki; la abbandonerà nel 1862 per terminare la sua stesura di un dizionario finlandese-svedese affidatogli dalla SKS (Suomen Kirjallisuuden Seura, “Società della letteratura finlandese”).

Väinämöinen

Di che parla il Kalevala? Beh, essendo un poema epico si propone di raccontare la storia e le origini del popolo finlandese in chiave mitologica ed affronta diversi temi: la creazione dell’universo (a partire da un uovo, ci avreste mai pensato?), la nascita degli eroi del passato, guerre e battaglie per difendere la Finlandia dal male, la magia che è insita nella natura, per citarne alcune. Lo stesso nome “Kalevala” è emblematico è può avere diversi significati, tra cui “terra dei figli di Kaleva“, dove Kaleva sarebbe il progenitore della stirpe dei Finni, anche se secondo Lönnrot una terra denominata Kalevala esisteva davvero e si sarebbe collocata nella parte sud-ovest della Finlandia. Riassumere un poema epico in 50 canti in poche righe è impossibile, per farla breve possiamo dire che il personaggio principale dell’opera è il vaka vanha Väinämöinen (o Väinö), un saggio eroe e non esattamente una divinità, figlio degli elementi e della vergine dell’aria Ilmatar, nato già adulto, il cui potere principale risiede nella parola e nel canto, con i quali può modificare la realtà che lo circonda.

Sarà Väinämöinen a seminare le terre finlandesi per fare sì che diano frutto e più avanti incontrerà e si scontrerà con diversi personaggi (tra cui Joukahainen, lappone geloso della fama di Väinämöinen come cantore magico più bravo di lui), ma il suo ruolo principale sarà quello di difendere il magico Sampo, un oggetto leggendario in grado di donare ricchezza a chi lo possiede. La cosa curiosa a proposito del Sampo è che non si sa esattamente come sia fatto, che forma abbia, quanto sia grande, assolutamente nulla; l’unica cosa che sappiamo è che è un oggetto in grado di produrre sale, farina e oro e quindi di donare prosperità e ricchezza a chi lo possiede. Com’è naturale sono in molti nel Kalevala a desiderare di averlo, tra cui Louhi, la Signora di Pohjola. Sarà il fabbro Ilmarinen, secondo eroe principale del poema, a costruire il Sampo – beh, diciamo che Louhi lo costringerà – e in quanto legittimo proprietario deciderà poi di riappropriarsene, scatenando così la battaglia per la difesa del Sampo, che vedrà Louhi scontrarsi con Väinämöinen e Ilmarinen. Nessuno alla fine potrà tenersi il Sampo, che sprofonderà in mare durante la battaglia lasciando tutti a bocca asciutta. Tipico.

Sulla strada verso Pohjola la barca su cui viaggiano Väinämöinen, Ilmarinen e Lemminkäinen (di cui magari parleremo un’altra volta) si blocca per colpa di un enorme luccio, che Väinämöinen ucciderà: la mascella e i denti del pesce serviranno a costruire il primo kantele, strumento musicale finlandese per eccellenza.

Un kantele

 

L’ultimo canto del Kalevala, quello di composizione più recente, vede Väinämöinen abbandonare le terre di Finlandia perché spodestato da un miracoloso fanciullo nato da una vergine (influenze del cristianesimo, anyone?), promettendo però un giorno di ritornare.

Molti dettagli sono stati omessi e molte vicende trascurate perché altrimenti facciamo notte, ma se siete fan della mitologia come la sottoscritta e desiderate accostarvi al Kalevala vi consiglio la traduzione di Pavolini del 1910, oserei dire la più autorevole. Come dicevo giusto qualche rigo più su, “Il Signore degli Anelli” e l’universo magico di Arda creato da Tolkien non sarebbero mai stati quello che sono senza il Kalevala, e questo perché anche Tolkien era un filologo appassionato di mitologia che si imbatté nella lingua finlandese quasi per caso e decise di usarla per dare vita al Quenya, la lingua elfica, che è un miscuglio di finlandese e greco su basi latine. “Il Silmarillion” prende spunto dal Sampo mentre Väinämöinen ha in parte ispirato Gandalf, servendo però soprattutto a caratterizzare l’ent Barbalbero e Tom Bombadil, l’immortale che era presente durante la creazione del mondo. Anche per Tolkien la lingua è dotata di un proprio potere ed è in grado di modificare la realtà (ricordate quando Gandalf non riesce ad aprire i cancelli di Moria e la soluzione era nella parola elfica per “amici”, “mellon“?), esattamente come nel Kalevala.

Nel 2015 è stata pubblicata anche la versione italiana di un altro testo di Tolkien, “La Storia di Kullervo“: anche Kullervo è un personaggio del Kalevala – magari in futuro parleremo anche di lui – e le sue vicende sono in un certo senso indipendenti all’interno del poema; nell’universo tolkeniano, invece, lo sfortunato Kullervo si veste di un nuovo ruolo e diventa un antenato di Aragorn. Ora, immaginate che le tradizioni orali legate al Kalevala si fossero dissolte con la morte di coloro che parlavano finlandese, soppiantati dal ben più potente svedese: Tolkien magari avrebbe comunque scritto le sue opere, ma sarebbero assai diverse da come le abbiamo lette.

La scomparsa di una lingua significa vedere anche svanire la storia, le tradizioni, la mitologia; una perdita inestimabile sotto molti punti di vista. Quindi sì, lo svedese sarà pure una lingua più semplice da studiare per molti, soprattutto – come abbiamo detto – per chi parla o conosce altre lingue germaniche, ma quanta ricchezza avremmo perso se il finlandese fosse completamente stato schiacciato dal peso dello svedese? Più ci penso e più continuo a realizzare che veramente è quasi, ma quasi un prodigio che il finlandese ce l’abbia fatta a imporsi come lingua nazionale e a non restare un idioma parlato da una minoranza (per non dire scomparire del tutto), ma del resto i finlandesi hanno il sisu, quella testardaggine che li fa andare avanti sempre e comunque. Fortuna che sia così.

Ho cercato di riassumere l’argomento, che è stato anche quello della mia tesi, meglio che potevo (e in SOLE tre pagine, che eventi); ho dovuto tralasciare a malincuore aneddoti, nomi, personaggi e un sacco di altre cose. Poi oh, se può interessare un riassunto del Kalevala magari me lo tengo per il prossimo articolo, non dovrebbe essere un’impresa così impossibile visto che qualcuno è già riuscito a sintetizzare l’intero poema epico in circa 100 secondi. Vi lascio intanto con alcuni riferimenti al Kalevala nella cultura moderna, casomai voleste partire da lì:

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