A volte riTorniano – Miniserie di storie spettrali – Ep 3: La signora del Lodge

Siamo giunti all’ultima puntata di questa miniserie dedicata alle storie di fantasmi. Avrete ormai notato che, fino ad ora, sono state tutte dedicate alla zona di Tornio e dintorni, quindi Finlandia, ragion per cui ho deciso di raccontarvi in quest’ultima puntata, qualcosa accaduto in Svezia. Oltre ad essere in un altro paese, la cosa bella di questa storia è che Ania ci è dentro fino al collo. Per mantenere l’effetto scenico del cliffhanger vi faccio qui i miei ringraziamenti e i miei saluti. Spero vi sia piaciuta questa miniserie e magari chissà, un giorno accadranno altri fatti strani che vi potrò raccontare, non che ci tenga particolarmente a trovarmi in mezzo a fatti inspiegabili ma insomma, prima o poi succede no?

[P.S. La foto in copertina non c’entra niente con la storia, però mi piaceva darvi un’idea di cosa c’è di solito fuori quando lavoro]

E ora, sotto col racconto.

Per potervi raccontare per bene di quest’avventura, ho bisogno di darvi un piccolo riferimento più specifico del lavoro che faccio al momento, che era già quello che facevo nel 2018, all’epoca dei fatti. Come anticipavo anche nell’altro mio articolo su che fine abbiamo fatto, il mio ruolo è quello di organizzare i viaggi che vendiamo nel dettaglio in termini di pernottamenti, attività, cene, orari ecc, di guidarlo una volta iniziato e di dare poi feedback ai fornitori su eventuali migliorie da effettuare, e in questo frangente ricevere anche feedback da parte loro, ad esempio se i clienti hanno fatto danni, lasciato sospesi non pagati et similia.

Per la natura del mio lavoro, quindi, ho a che fare con persone (ristoratori, proprietari di allevamenti di renne, musher di cani da slitta ecc) di ogni tipo e di ogni nazione, specialmente nelle tre in cui lavoro fisicamente, cioè Svezia, Norvegia e Finlandia, quindi di storie di seconda e anche di terza mano ne ho sentite una marea (uhm, potrei raccontarvi qualcuna di queste nella prossima serie?), ma questa che vado a raccontarvi mi è giunta direttamente in faccia come uno schiaffo.

Uno dei luoghi principali in cui facciamo alloggiare i nostri gruppi è una fattoria nella Lapponia svedese, a circa 30 km dalla città svedese che confina con Tornio. La fattoria è gestita da questa famiglia ormai da tanti anni, sempre con amore e dedizione, e a dimostrarlo ci sono anche diversi attestati e diversi premi che tengono esposti all’ingresso dell’edificio principale. Quando arrivi in questo posto ti rendi conto subito di essere entrato nel loro ambiente familiare: le mucche in cortile ben curate, il ristorante sempre aperto e con caffè caldo e biscottini sempre pronti per gli avventori, la loro casa sempre con le lucine alle finestre accese d’inverno e il Lodge destinato agli ospiti anch’esso sempre ben curato e con le lucine accese da novembre ad aprile. Di solito i nostri viaggi contano un numero tra gli 8 e i 15 partecipanti, numero perfetto per poter alloggiare in suddetto Lodge, che ha giusto 16 posti letto, di cui uno destinato alla guida. Nel Natale 2018, per una serie di sfortunati eventi, il gruppo contava solo due persone, una giovane coppia in viaggio di nozze che aveva scelto di visitare la Lapponia prima e le Maldive dopo.

Il Lodge è una casa su due piani: al piano di sotto la struttura procede in questo modo: dall’ingresso andando verso destra si trova l’area comune, con un grande tavolo, sedie, poltrone e un camino, un bagno e due camere doppie, mentre andando verso sinistra si trova un corridoio con due camere una di fronte l’altra, un salottino di stallo da utilizzare dopo la sauna, un’altra camera doppia, e la sauna, appunto. Al piano di sopra invece si trovano due grosse camere separate da un’anticamera utilizzabile anch’essa come doppia per dormire. In una delle camere grandi ha addirittura alloggiato il re di Svezia molti anni fa. Capirete bene quindi che è una struttura abbastanza grande, e potrete sicuramente immaginare quanto potesse sembrare ancora più grande quando ad alloggiarci eravamo solo in 3.

Di norma, difficilmente guido gruppi dall’inizio alla fine, tendiamo sempre a dividerci il lavoro con i miei colleghi, e quella volta non fu diverso, anche se il gruppo era molto piccolo, la fatica era la stessa e quindi, come da consuetudine, presi per me e per il mio collega una camera di quelle nel corridoio al piano di sotto, una doppia da poter utilizzare in maniera alternata: un letto lo usavo io nei miei giorni, e uno lui nei suoi. Alla coppia invece toccò la “camera della zebra”, chiamata così per via di un grosso tappeto zebrato che si trova al suo interno, contrapposto a quello di mucca della camera di fianco, detta di conseguenza “la camera della mucca”. Queste sono le due camere adiacenti la zona comune che si trova al piano di sotto.

Alla fine questo gruppo lo guidai per la maggior parte del tempo io, quindi ebbi i due ragazzi sotto gli occhi praticamente sempre, anche perché ci si ritrovava la sera dopo cena a chiacchierare nell’area comune con il  camino acceso dopo aver messo su l’acqua per un tè caldo, che quando fuori ci sono -20° ci sta proprio bene. In particolare, in quel periodo l’aurora non era di gran compagnia per cui non c’era molto da fare se non starsene rintanati in casa dopo una faticosa giornata di attività e cene luculliane.

A proposito del camino, ci sono dei piccoli dettagli che vorrei illustrarvi ora che ci serviranno più tardi. Questo era un camino di ghisa, fatto a colonna, con uno sportellino che si chiudeva con una maniglia fissa ancorata allo sportellino stesso. Sotto a questo sportellino, lungo tutto il perimetro del camino, c’era una sorta di piccola mensoletta in muratura, decisamente non grande, larga anzi il giusto per poggiarci una scatolina di fiammiferi. Di fianco al camino poi c’era soltanto la catasta di legna di betulla utilizzata per accendere il fuoco. La betulla dà un legno super infiammabile e facile da utilizzare, per cui basta disporre dei tocchi di legno nella giusta posizione, infilarci nel mezzo dei pezzetti di corteccia e il fuoco parte praticamente da solo, ragion per cui intorno a quel camino non c’erano attrezzi di alcun tipo, nessun attizzatoio, nessuna spazzola, nessuna paletta per la cenere. Non c’erano e non c’erano mai stati perché qui si usa così, i camini hanno un sistema di raccoglimento della cenere che viene poi rimossa periodicamente dallo spazzacamino. Per cui per usare il camino non si doveva far altro che aprire lo sportellino, infilare i tocchi di legno e accendere il tutto con un fiammifero, non era richiesto l’aiuto di nessuno strumento, anche perché, appunto, non c’erano.

Foto antecedente ai fatti, con arredamento diverso, dell’interno della struttura: nella foto in alto si vede il camino, alla cui sinistra c’è la stanza della zebra (foto in basso con i cuscini neri) e alla cui destra invece c’è la stanza della mucca (foto in basso con i cuscini bianchi). In quest’ultima, il letto incriminato, vicino alla finestra

Torniamo a noi. Come dicevo, avevo i ragazzi sotto gli occhi sempre, dal mattino a colazione fino alla buonanotte e per tutto il viaggio mi sembrarono delle persone a modo alla fine, lei forse era un po’ antipatica ma niente di insopportabile, mi sembravano anche felici del viaggio e di tutta l’organizzazione. L’ultima sera passò nella quiete invernale davanti al solito camino acceso e alla solita tazza di tè. Alla fine del tour ci lasciammo che andava tutto bene, per la serie “niente da segnalare”.

Il giorno dopo la loro partenza, in mattinata ricevetti un messaggio dalla proprietaria del Lodge, inviato via sms, il ché mi colse alquanto di sorpresa perché di solito lei aspetta di mettersi al pc per mandarmi eventuali mail di lamentele o generale feedback sul gruppo appena avuto: “Cosa è successo l’altra sera? Il camino è danneggiato e c’è un letto sfatto nella camera della mucca”.

Io lì per lì non sapevo cosa dire per cui prima di difendere l’indifendibile contattai i ragazzi chiedendo se sapessero qualcosa, ovviamente negarono e io in tutta onestà gli credetti perché in fin dei conti io c’ero mentre usavano il camino e loro non avevano fatto letteralmente niente di male visto che non c’era niente con cui poter danneggiare questo camino. Per il letto non potetti fidarmi troppo del loro “no” perché comunque io dormivo in una camera un po’ distante dalla loro quindi quello che facevano di notte di certo non riuscivo a sentirlo ma poi razionalmente pensai “perché mai avrebbero dovuto andare a disfare un letto in una camera che non era loro? Sarebbero stati beccati immediatamente visto che eravamo in 3 lì dentro e di certo io non me ne vado in giro a disfare letti.

Alla proprietaria quindi risposi, sicura dei miei clienti, che non sapevo di cosa parlasse e che andava tutto bene quando c’ero io, cioè praticamente sempre, ero presente mentre il camino veniva usato e niente di strano era stato fatto, stessa cosa con il letto della camera della mucca. Al ché la buona donna giustamente insiste e mi convoca di persona a vedere l’entità del danno al camino, mentre il letto era già stato rifatto quindi non so dirvi quanto fosse grave. Quando ho visto il tutto effettivamente non sapevo come spiegarmelo: la mensoletta in muratura aveva dei graffi spessi e ben visibili e a un’estremità di questi graffi c’era un punto più profondo, come se fossero stati fatti con un oggetto appuntito che prima era stato conficcato nella pietra e poi trascinato per un paio di cm. Ce n’erano diversi di questi piccoli graffi ma io dalla mia ero forte non tanto del fatto che avevo tenuto d’occhio i ragazzi tutto il tempo ma del fatto che in quella stanza non c’era niente con cui avrebbero mai potuto causare quel genere di danno.

Nell’area comune c’era una piccola cucina più di arredamento che effettivamente funzionale, che non aveva nessuna suppellettile se non bicchieri, tazze da tè e cucchiaini, nessun coltello. Quindi insistetti sul fatto che fisicamente non era possibile che noi avessimo creato questo danno. Dal lodge ci spostammo al ristorante, l’edificio principale della tenuta dove si parla anche di lavoro. Ci mettemmo a sedere e in quel momento c’ero io contro i 3 proprietari: la Signora, il marito, e la sorella del marito. La signora re-illustrò agli altri due familiari di cosa stavamo parlando e io ancora una volta cercai di spiegare, a tutti stavolta, che non eravamo stati noi, né a danneggiare il camino, né a disfare il letto. Alla mia ennesima motivazione a nostra discolpa, la signora risponde “e allora è stato il fantasma”. Io la guardai, guardai gli altri e cercai di non far trasparire dal mio sguardo che non stavo capendo cosa stesse succedendo. Al mio “prego?” lei mi risponde, di nuovo: “è stato il fantasma”, stavolta molto più seria, e con l’assenso della cognata alla sua sinistra, che a quelle parole annuiva. Il modo in cui disse questa frase la prima volta mi suonò molto di sarcastico e pensai che mi stesse prendendo in giro come per dire “sì vabbè allora è stato il fantasma”, ignorando completamente i miei tentativi di spiegazione, insomma se avessimo fatto danni avremmo pagato e io volevo che questo lo capissero ma la sua risposta mi arrivò e la percepii come una sorta di abbassamento della fiducia da parte loro nei miei confronti, cosa che lavorativamente parlando poteva essere un disastro. Ma quando poi la cosa del fantasma la disse la seconda volta con più serietà, capii che la fiducia non c’entrava niente e che loro credevano davvero a quello che avevano detto, tanto da aggiungere “va bene così, non ne parliamo più, siamo a posto”. Io sempre più incredula ora volevo sapere, e quindi chiesi con tutta l’ingenuità che potessi mostrare al momento “cos’è questa storia del fantasma?” E loro iniziarono a raccontare.

Molti anni fa, quando iniziarono ad utilizzare il Lodge per gli ospiti, a gestirlo erano in 4, la signora, il marito e due sorelle del marito (una delle due è la cognata di cui parlavo). Ad un certo punto l’altra sorella del marito si ammalò di cancro, e morì nel giro di pochissimo tempo. Da allora dicono che il suo fantasma sia rimasto nel Lodge, continuando a fare il suo lavoro di accoglienza e gestione che aveva lasciato in sospeso vista la prematura dipartita. A quanto pare la donna era molto legata alla struttura e le era dispiaciuto troppo andar via così presto e quindi continuò a far sentire la sua presenza per molti anni, con manifestazioni più o meno evidenti. La signora mi raccontò di una poltroncina verde che si trovata nel lodge e che apparteneva alla donna quando era in vita, la usava sempre per fare le parole crociate davanti al camino. Dopo la sua morte quella sedia non la trovavano mai due volte nello stesso posto. Dovunque la lasciassero, non era lì che la ritrovavano il giorno dopo, indipendentemente dal fatto che il Lodge avesse ospiti o no. Dopo qualche tempo, data la stranezza decisero di portarla via.

Un altro evento strano che mi raccontò in quel frangente fu la storia degli occhiali scomparsi. Il Lodge, per la sua struttura, si presta ad essere usato come conference room e luogo di pernottamento per aziende e relativo personale. Qualche anno fa ci fu questo gruppo di dipendenti di un’azienda locale che fittò il lodge per qualche giorno. Ci fecero un festino à la svedese quindi con alcol a fiumi e poco rispetto dell’ambiente circostante, cosa che al fantasma non piacque per niente. In particolare, c’era un uomo che non le andava a genio nemmeno un po’ perché alla fine del viaggio, quando tutti erano ben sobri e consapevoli di dov’erano e che dovevano far le valigie e andar via, pare che lei gli avesse nascosto gli occhiali da vista. Ora, se una persona indossa occhiali da vista abitualmente sa bene che tipo di controllo deve avere su questi ultimi. Quindi o ce li aveva sul naso o sul comodino, o al massimo in bagno. E invece lui non li trovava. Cercò ovunque e cercarono anche i colleghi, niente, gli occhiali erano perduti. L’uomo in questione raccontò l’accaduto alla proprietaria che chiaramente si dimostrò molto collaborativa, assicurando il pover’uomo che glieli avrebbe spediti se li avesse trovati facendo le pulizie di check-out, ma quegli occhiali non furono mai trovati nemmeno da lei.

Dopo un paio d’anni, quest’uomo si ritrovò di nuovo nello stesso luogo per un altro evento aziendale. Parlando con la proprietaria tornò la questione degli occhiali e, non vedendo altra spiegazione, la proprietaria gli disse “forse a mia cognata non è piaciuto il modo in cui vi siete comportati, credo che dovreste chiederle scusa”. Incredibile ma vero, l’uomo fece esattamente come dettogli. Quando si trovò nel lodge seduto al tavolo da solo, decise di tentare questa via, e chiese scusa ad alta voce alla signora. Posso solo immaginare quanto si possa essere sentito stupido chiedendo ad un fantasma di essere perdonato per aver mancato di rispetto alla sua casa, ma posso anche solo immaginare lo sgomento che dovette provare quando immediatamente dopo, abbassando lo sguardo verso il pavimento trovò proprio i suoi occhiali persi due anni prima. Erano lì, di fianco alla gamba del tavolo, in piena vista.  

A questo punto mi ero giocata tutti i punti stupore della giornata, ed erano solo le 10 del mattino. Me ne andai con una leggera angoscia addosso sapendo che quindi quella che avevo vissuto, se pur non direttamente, era forse l’ultima manifestazione del fantasma della donna del Lodge, che in qualche modo cercava di dire che quegli ospiti forse non le piacevano. In particolare, poi, tornando sulla questione del letto sfatto, mi dissero che lei aveva un letto preferito in quella casa, quello in cui dormiva lei. Era un letto che dava su una finestra da cui si potevano vedere i campi e le mucche al pascolo, e in lontananza si poteva vedere la strada principale, ovviamente pochissimo trafficata, essendo il tutto abbastanza lontano dalla civiltà. Inutile dire che quello era proprio il letto che trovarono sfatto quel giorno nella camera della mucca.

Sulla via di casa però pensavo e rimuginavo, e mi venne in mente una cosa che tempo prima mi aveva raccontato un’altra mia collega. Lei c’era da prima di me e qualche storia l’aveva sentita ma non aveva mai indagato. Mi disse che non molto tempo prima, mentre dormiva lì nel Lodge in camera da sola venne svegliata da qualcosa di strano. Disse che sembrava come quando stai dormendo e qualcuno ti punta una luce in faccia, senti la luce da dietro le palpebre chiuse e sai che se le apri rischi che la luce ti accechi. Disse quindi che percepì questa luce puntata verso la sua faccia, e che istintivamente si svegliò ma che non c’era niente né davanti a lei né alla finestra. Pensò potesse essere una macchina con i fari accesi che passava vicina, ma non vide nessuna macchina. Indovinate in che letto dormiva.

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Ania Korhonen
Faccio cose, vedo gente, parlo lingue, sto in ansia e a volte mi ricordo anche di respirare.