Ditemi che avete colto la citazione. Lo sapevo.
Dunque dunque, faccio un breve post di autopresentazione così sapete con chi state parlando (o chi vi sta parlando, boh).
Mi chiamo Anastasia ma mi chiamano tutti Ania da quando ho 13 anni, tutti. Anche tu, non pensare mai di chiamarmi col mio nome vero, quello è solo per mia madre quando si incazza con me.
Vengo da un paesino piccino nella provincia di Napoli, uno di quelli dove tu non conosci nessuno perché sei sociopatica ma tutti conoscono te perché la popolazione è ferma a 200 persone e 3 capre dal 1990.
Non mi va di fare uno sproloquio gigante su chi sono perché alla fine non solo non interessa a nessuno, ma toglie anche il piacere della sorpresa quando vi racconterò dei miei disagi nei prossimi post.
Per farla breve quindi, vengo da una preparazione da liceo scientifico perché nella vita volevo fare la veterinaria, avevo anche una specie di progetto in mente, sai gli animali, cos cos. Ma poi al terzo anno ho scoperto che gli animali muoiono lo stesso anche se li accarezzi e lì curi per cui i miei piani andarono un po’ alle ortiche. Nel contempo però scoprii anche un’innata passione e propensione per le lingue straniere. Ai miei tempi al mio liceo si studiava solo l’inglese (al massimo il francese se sceglievi la sezione apposita, cosa che non è accaduta perché io dovevo fare L’INDIRIZZO SPERIMENTALE DI QUESTA GRANDISSIMA CEPPA) per cui quello era il massimo che potevo studiare, e mi piaceva. Così, piena di rimorsi per non aver scelto il liceo linguistico tre anni prima, decisi che magari avrei potuto intraprendere la carriera universitaria nell’ambito della linguistica e delle lingue straniere in generale, così da poter dire “sarò disoccupata per sempre” in 18 lingue diverse (questa l’avete colta?).
In quegli anni inoltre ero in piena fase “vestiamoci male e cantiamo canzoni violente a squarciagola” (fase che chi mi conosce SA che è ancora in vigore) per cui le mie ricerche musicali protendevano verso i magici lidi della musica metal. I risultati delle mie spedizioni alla ricerca del metallo più bello che mi facesse sentire meno outcast e più badass, mi portarono in Finlandia, essendo questo il paese con il più alto numero di band metal pro capite. Sicché a un certo punto il mio cervello ha capito che forse c’era qualcosa nell’aria della Finlandia che faceva sì che questo metallo fosse il più puro e il più godibile che potessi trovare (secondo i miei gusti eh, tutte queste baggianate che sparo sono strettamente personali) così decisi di addentrarmi nella cultura finlandese ma di più nella lingua.
La prima cosa in finlandese che ho ascoltato è stata un’intervista a Tony Kakko, leader e cantante dei Sonata Arctica. Non ci ho capito un’emerita mazza chiaramente e le parole pareva che manco volesse cacciarle quel tipo e questo è bastato a farmi dire “non esiste, devo impararla”.
Quindi ho iniziato con i siti online di lingua finlandese in italiano, imparavo parole e piccole formule ma non avevo nessuno con cui condividere questa malattia mentale.
Finalmente arriva l’università, a cui mi iscrivo dopo un pessimo servizio di orientamento fatto al liceo, e dove inizio a studiare lingua svedese, perché nessuno è stato in grado di dirmi se si poteva studiare finlandese oppure no. Furtunatamente ho conosciuto le persone giuste che studiavano sia svedese che finlandese che mi hanno accolto nella loro compagnia di mentecatti che studiano lingue inutili. Ed è qui che ho conosciuto Elisa, Chiara e Margherita. Anche se siamo di anni diversi, la passione ci ha accomunate e ancora ci rompiamo le scatole a vicenda.
Dopo 6 lunghi anni di struggling puro per laurearmi, riesco nell’impresa con una tesi sul metal finlandese contemporaneo, ovviamente.
La settimana successiva alla discussione della tesi ero qui a Tornio, a lavorare nel museo d’arte della città tramite un progetto di tirocinio per studenti di finlandese all’estero. Dopo i miei 6 mesi di lavoro ho avuto la fortuna di incontrare la persona giusta nel momento giusto e nel posto giusto che mi ha permesso di trovare un altro lavoro (a tempo indeterminato) e di rimanere qui a Tornio in pianta stabile.
Ma magari questo ve lo racconto un’altra volta. Per ora vi basta sapere che il mio hashtag personale, per ovvi motivi, è #nontorniopiù.
E menomale che volevo esse breve.