La prima aurora della stagione

Noia.

Sono seduta con un mio amico sul divano in preda alla noia e alla nullafacenza più totale, mi sento nostalgica per cui ascolto RTL 102.5 (sì, la radio italiana). Lui intanto naviga da pc per fatti suoi.

Passano un po’ di Coldplay, un po’ di U2, e purtroppo anche un po’ di Vasco Rossi, perché nessuna radio è perfetta.

La sensazione che mi dà è quella di quando torni a casa a notte fonda in macchina dopo una serata da qualche parte. Nel tepore e nella tranquillità della strada senti la radio ma non la ascolti davvero, è giusto lì a tenerti compagnia, magari ogni tanto passa una canzone che ti ricorda qualcosa e pensi “chisà che fine ha fatto quel tipo, chisà se alla fine si è laureato”. Sai quando sei così stanco ma guidi in automatico senza nemmeno fare caso a quello che fai, che anche se passa Ligabue ti scocci troppo di metterti a cambiare stazione.

In questa calma della sera, in cui scrollo Facebook in cerca di un valido motivo per decidermi ad andare a dormire, ricevo un messaggio nella chat di lavoro, come ne ho ricevuti altri altre sere, allarme aurora in Val di Tornio. Penso: “mh, riuscirò mai a vederla stavolta?”

Mi affaccio alla finestra, ovviamente niente.

Torno alla mia posizione da serata chill sul divano, passo a Instagram.

Il mio amico non si è mai mosso dal pc, ragion per cui è il momento di fumarsi una sigaretta. Si fa la sigaretta, si mette una giacca ed esce sul balcone, rientrando dopo nemmeno 3 secondi che manco la sigaretta si era acceso, “Ania, tänne” (Ania, vie qua).

Esco, ed era là, una flebile scia verdastra lungo parte del cielo al di sopra del palazzo di fronte al mio.

Ci è voluto poco perché esplodesse in una ondeggiante serie di tendine verde smeraldo, proprio davanti ai miei occhi, e al mio balcone.

Mi si è spento il cervello per buoni 5 minuti. Stendhal syndrome kicking pretty hard in quel momento. Lo sguardo rivolto verso il cielo, gli occhi spalancati, la bocca aperta in un sorriso ebete come solo I bambini al circo sanno fare. Decidiamo di comune accordo di prendere giacche e scendere in strada, il palazzo disturbava un po’ la visione. Lascio Neffa a fare “Le ore piccole” e scendo.

Vado a lato strada, sul prato che la costeggia, in riva al “lago”, abbastanza al riparo dalle luci artificiali ed era ancora lì, ora aveva preso possesso dell’intera volta celeste, una lunga, ferma, stabile striscia verde sorvolava le nostre teste.

Dopo circa 10 minuti di osservazione ai limiti dello stupore infantile, l’aurora si era indebolita, per cui decidiamo di tornare a casa, ché tanto la scia si vedeva anche da lì. Ma ovviamente, come mi capita ormai stranamente spesso, nel momento in cui faccio il primo passo per tornare a casa, esplode in una gigantesca macchia verde e bianca proprio sopra di me, snodandosi sull’acqua calma con le sue tendine danzanti e generando un riflesso perfetto, che pareva ci potessi camminare sopra.

Stendhal syndrome kicking ancora più hard, le lacrime sono arrivate inesorabili e mi hanno fatto congelare la faccia perché comunque fuori c’erano 4 gradi e quindi l’acqua, il ghiaccio, cos.

Il mio amico, dovete sapere, è originario di Nuorgam, l’ultimo paesiello della Finlandia, al confine con la Norvegia, per cui lui l’aurora l’ha vista miliardi, che dico, milioni (cit.) di volte, ma stavolta mi ha confessato di essersi emozionato un po’ (mah, secondo me mi stava solo pigliando per i fondelli per la mia reazione).

L’esplosione è durata di meno stavolta, e dopo di ciò siamo rientrati, io ancora con il cervello spento.

Vi lascio con questo pezzo di Adrian von Ziegler, un artista che se non lo conoscete lo dovete conoscere. Mi è venuto in mentre mentre osservavo l’aurora imperversare tra gli alberi e realizzavo quanto piccoli e insignificanti siamo di fronte a un fenomeno di tale grandezza. Sì, faccio spesso pensieri di questo genere.

aurora

Photo by LappOne – The five senses of Lapland

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Ania Korhonen
Faccio cose, vedo gente, parlo lingue, sto in ansia e a volte mi ricordo anche di respirare.