Tutta un’altra musica

Vivere in un paese straniero ti insegna, a volte costringe, ad abituarti a uno stile di vita differente, che può comprendere il cibo, il clima, le abitudini delle persone, perfino le piccole azioni che compiamo quotidianamente: per esempio, da quando vivo in Finlandia mi fa strano tenermi addosso le scarpe mentre sono a casa in Italia, giusto per dirne una (sì, i finlandesi le tolgono per una questione di igiene; va anche detto che il pavimento è sempre molto caldo). D’altra parte, l’assenza del bidet qui a Helsinki continua a lasciare un vuoto incolmabile, ma andiamo avanti.

Ci sono comunque lati positivi nella vita all’estero, qualunque paese ha i suoi bei momenti e chi è solo capace di lamentarsi o mente o più semplicemente non sa vivere, quindi se vi capita mai di beccarne uno sorridetegli, fate sì con la testa e pensate agli unicorni. Nel caso specifico di Helsinki (non dico “della Finlandia” perché ovviamente non ne ho la facoltà), uno dei fattori che ha dato una positivissima svolta alla mia vita (oltre ai bus che passano, cioè, PASSANO) è legato alla situazione “musica dal vivo” che esiste qui.

Here’s the thing: la musica è una componente ENORME della mia vita, lo è sempre stata. A 13-14 anni ho cominciato ad avvicinarmi a gruppi e generi meno convenzionali (rispetto ai gusti dei miei coetanei, intendo), ai quali piano piano se ne sono aggiunti altri sempre più estremi, sempre meno noti al grande pubblico, sempre più bordellari. Chiaramente, la scoperta di nuove band e nuovi dischi ha spalancato orizzonti nuovi, portando amicizie nuove, piacevoli discussioni su questo o quell’artista, e la consapevolezza che ci fosse anche la possibilità di vederlo dal vivo, quell’artista. Cioè, quel gruppo che tanto ti piaceva non esisteva solo nel tuo lettore cd, ma erano persone vere, che facevano concerti veri proprio nella tua città e che tu avevi la possibilità di vedere in carne e ossa! Spettacolo, no?

No, non se tu sei nata e cresciuta in una piccola cittadina del sud del Lazio e tutti i concerti che ti interessavano erano a Roma se non a Milano. ‘tacci loro.

In ogni caso, la prima volta che accennai a un concerto con i miei genitori ottenni reazioni un po’ perplesse: come ci vai fino lì, con chi, ma quando torneresti, eccetera. Tutte domande assolutamente legittime, visto che io ero ancora minorenne, pernottare fuori solo per un concerto era dispendioso, il giorno dopo avevo scuola. Finii sempre per rinunciare.

Piano piano qualcosa cambiò: ero più grande, più responsabile, avevo compagnia, sarei tornata massimo per le 2. Il mio primo concerto di musica “alternativa” furono i Dark Tranquillity (supportati da Insomnium e Lunarsea) all’Alpheus di Roma nel 2010, indimenticabile. Da lì cominciai ad interessarmi sempre di più alle serate dal vivo, perdendone purtroppo molte; nel mentre mi ero anche trasferita a Napoli per l’università e lì la situazione concerti era, ahimè, abbastanza disastrosa perché mancava l’organizzazione e, soprattutto, quasi nessuno aveva voglia di scendere fin lì per fare una tappa del tour. Diciamo che ho sempre fatto in modo di organizzarmi per andarmi a vedere le band a cui sentivo di non poter rinunciare, ma si trattava comunque massimo di tre o quattro concerti all’anno.

A Helsinki la situazione è diametralmente opposta: la città è piccola e le varie zone sono ben collegate dai mezzi pubblici, i locali per le serate ci sono, gli organizzatori pure, praticamente c’è un concerto diverso ogni sera (e non parlo solo di musica metal, sia chiaro). Uscire di casa e andarmi a vedere quel gruppo che rimandavo da anni perché suonavano sempre troppo lontano è ora diventato possibile, quasi naturale, e non richiede sforzi, pernottamenti altrove, dispendio di soldi per treni o benzina, niente di tutto questo. Adesso quattro concerti me li faccio in un mese, roba che se me lo aveste detto nel 2010 non ci avrei nemmeno creduto.

I prezzi dei biglietti sono leggermente (ma proprio poco) più alti rispetto all’Italia, come quelli del cibo o dei trasporti, ma in linea di massima abbordabili, dipende sempre da 1) chi suona; 2) da dove viene; 3) quanti gruppi spalla si porta appresso. I festival, specialmente quelli estivi, costano invece parecchio se teniamo conto che in tutta Europa si trovano alternative altrettanto valide (se non molto più valide, vedi Tuska 2016 qui a Helsinki VS Brutal Assault 2016 in Repubblica Ceca) e spesso molto, molto più economiche (vedi, di nuovo, il Brutal Assault).

Altro particolare da non sottovalutare è l’importanza che la musica, soprattutto il metal, ha in questo paese. Il metal è una realtà, un fenomeno riconosciuto, e anche chi non lo ascolta sa che esiste e magari sa anche nominarti due o tre gruppi (in realtà due mesi fa ho incontrato una nonnina di quasi 70 anni che ama i Black Sabbath…). Se vai in giro tatuato o vestito di nero non sei strano e difficilmente vieni guardato male, e addirittura ho visto controllori del treno con tatuaggi o piercing. Non voglio fare la fangirl della Finlandia, ci mancherebbe, ma se sulla metropolitana a Napoli la signora accanto a me evitava accuratamente di toccarmi perché avevo sette anelli distribuiti su entrambe le mani, qui il mio vicino sul treno mi chiede che gruppo sia quello che c’è scritto sulla mia maglietta. Cioè, è proprio una questione statistica, capì?

In generale la mia vita è molto migliorata sotto questo punto di vista. Certo, succede ancora che mi perda uno, due, cento concerti (del resto non sono milionaria, se no ve l’avrei detto subito), ma lo faccio sapendo che sì, il gruppo tornerà da queste parti e io sarò ancora (mi auguro) qui ad aspettarlo. Ora di anni ne ho 28, ascolto (e scrivo di) tantissima musica e accumulo il triplo delle esperienze dal vivo rispetto a 8 anni fa: non avrei potuto sperare di meglio, soprattutto perché se stai leggendo questo articolo vuol dire che è il 30 ottobre e che tre giorni fa sono andata finalmente a vedermi gli Steve ‘n’ Seagulls, dopo un anno passato a sperare che passassero di qui in una data a me comoda. Come sarebbe, non sai chi sono? Vabbè, dai, ti lascio un link perché mi sei simpatico/a.

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Elisa Mucciarelli
A volte scrivo, quasi mai in modo conciso.