Quando dico di soffrire il freddo più in Italia che in Finlandia non mi crede mai nessuno e, ci scommetto quello che vuoi, sicuramente non mi credi nemmeno tu. Eppure non sto mentendo, non sono pazza, loro esistono, io li ho visti!
Scemenze a parte, posso assicurarti che è così. La mia città di origine, Terracina, si affaccia sul Mediterraneo e durante l’inverno c’è un’umidità tale da infilartisi sotto i vestiti, fin dentro le ossa: non c’è da stupirsi che, quando vivevo lì, avessi un raffreddore praticamente perenne. La presenza del mare rende le temperature invernali decisamente miti ma, di nuovo, il problema grosso è l’umidità (qua ci starebbe bene un meme di Dinosauri Onesti). Anche Helsinki si affaccia sul mare, il Baltico, e difatti anche qui capitano giorni molto umidi, che finiscono sempre per rivelarsi i più freddi. Quando le temperature scendono sotto lo zero bisogna assolutamente coprirsi per bene, ma man mano che si va più giù di -10 o -15 gradi basta uscire con addosso un buon giubbotto, scarpe imbottite e un cappello ed ecco qua. È chiaro che se esci a -30 e stai fermo dieci minuti alla fermata del bus inizi a tremare, ma il punto è che
tenetevi forte
a quelle temperature difficilmente si soffre per l’umidità. Personalmente preferisco -10 e clima secco a +5 e vento umido.
Diciamo anche che in due anni e mezzo qui ho avuto tempo di acclimatarmi per bene. Nel 2014, quando ero una spensierata studentessa erasmus che si ubriacava tutte le sere e andava a fare i meglio festini-
ma anche no, la verità è che sono astemia, non mi piacciono le discoteche e ho passato 6 mesi azzeccata a una sedia a studiare, inviare saggi brevi e guardare i miei compagni di corso che passavano la settimana di pausa didattica in Spagna, ma comunque dicevo,
quando ero in erasmus, cominciato ufficialmente il 7 gennaio se non mi sbaglio, ero al mio secondo inverno finlandese (il primo lo sperimentai nel novembre 2010, uno degli inverni con le temperature più fredde che si ricordino) e il mio corpo veniva da quasi 25 anni di clima italico: appena si alzava un po’ di vento mi coprivo nemmeno fossimo a Capo Nord. Ho avuto modo di notare in questi due anni e qualcosa di vita finnica che adesso percepisco il freddo in maniera molto differente: a -5 non ho ancora bisogno dei calzini imbottiti o dei collant sotto i pantaloni, uso i guanti senza dita e il cappello è necessario solo se tira vento. La prova del nove di questo mio nuovo modo di approcciarmi al freddo me l’ha data la mia famiglia lo scorso maggio: loro stavano congelando (c’erano appena una decina di gradi), io stavo una favola. Vado perfino in giro a mezze maniche con 20 gradi; non solo, dico che “FA CALDO” (e i miei amici in Italia mi guardano come se avessi tanti problemi, che probabilmente ho anche, eh, però insomma).
Chiaramente con tutto ciò NON VOGLIO DIRE che con 30 gradi sotto zero faccia veramente caldo, ma quando il termometro scende così tanto la possibilità che ci sia umidità (e che ti faccia tremare fin sotto i vestiti) è pressoché nulla. Si tratta, in sostanza, di un tipo di freddo diverso.
Piccolo aneddoto: nel 2014, sempre durante quel glorioso erasmus (gennaio – giugno), ebbi la brillante idea di mettermi un paio di pantaloni di pelle, perché “la pelle isola e quindi tiene caldi”. Certo. Sai cosa successe? Successe che la suddetta pelle si raffreddò tantissimo, incollandosi alle mie gambe e facendomele diventare viola ed insensibili. Anche se adesso sono più acclimatata e soffro molto meno il freddo di come facessi anni fa (tant’è che di solito mi ammalo quando scendo a casa in Italia per Natale), ho il coraggio di mettermi sporadicamente le gonne ma non il coraggio di mettermi quei poveri pantaloni di pelle, che sono lì nell’armadio a soffrire. Spero mi perdonino per la mia codardia.